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Cenni Critici su Cesare Berlingeri

“Le pitture piegate di Cesare Berlingeri sono la più originale opera d’arte emersa in Italia nella seconda metà del decennio 1970. Ciascuna di esse si espande all’interno e sui contorni di una tela unica, le cui superfici variamente irrorate di colore e grafie vengono di- spiegate in uno o più strati, aprendo volumi performativi di visibilità/invisibilità tra la luce, l’ombra, il buio. E’ come vedere un cosmo minimo dall’esterno, fermo al big bang dell’atto creativo, se non un sudario per gli sguardi ermeneutici dei vedenti. E’ una pittura performativa che vediamo scolpita da uno strato di ignoto.

Nel decennio 1970 l’artista in formazione ricercava fra i sentieri della Conceptual art tesa alla filosofia dei testi scortati da immagini, e l’avanguardia strutturale della Minimal art, e il rigonfiarsi dei quadri astrattisti già monocromi nella volumetria iconica delle pitture come oggetti. Altri si sarebbero invece arresi al revival di pie correnti pittoriche già espressioniste o metafisiche. Berlingeri avanzò contro quel senso di marcia senza regredire di un passo, lavorando per necessità in teatro anche come pittore di scena. La questione posta dalle sue prime pittura piegate o avvolte, che risalgono al 1978, può essere così sintetizzata: ogni costrutto visivo-plastico è un oggetto in sé, globale se non del tutto sferico, le cui ondulazioni oscillano tra il visibile e l’invisibile, quale che sia il medium utilizzato (scritto, vuoto, raro, orale o architettonico) verso la precisione dell’intento.

Così Berlingeri, mentre si affermava, spiegherà in seguito il proprio concetto: “Ciò che è dipinto in queste opere è il passaggio delle immagini pensate, vale a dire l’entrata nell’ occultamento, il ritorno alle ombre, all’oscurità. Nei miei dipinti piegati, costituiti da più superfici sovrapposte, la superficie esterna è la prima immagine che nasconde totalmente o parzialmente le altre. La loro è una struttura dalle facce infinite. In tale struttura è il tempo stesso, imprigionato nello spazio, a creare la distanza. La luce mette in discussione la forma e le consente di emergere attraverso il dialogo con l’ombra, creando il mistero del non visto proprio per la sua tridimensionale fisicità.” (2003) Ecco la vera sostanza della sua opera, tanto più preziosa quanto più è rara altrove”

Tommaso Trini

Cesare Berlingeri è un artista delicato ed armonioso, ogni sua opera racchiude in sé leggerezza ed un tocco di romanticismo un po' malinconico. Intende l'arte come atto fsico, in questo caso quello di piegare la tela su se stessa, riempiendo ogni piega di senso profondo e di metafore, sia legati alla resa fsica dell'opera stessa sia alla dimensione del signifcato. Attraverso le pieghe infatti si creano luci ed ombre diverse, angoli, spessore, colori, linee spezzate, Berlingeri utilizza spesso colori accesi, spaziando dal monocromo alle tele più variegate. In ogni piega però non c'è solo la concretezza del gesto, Berlingeri vede in ogni risvolto un respiro, un cambiamento. Come tutti i grandi artisti, delicato e silenzioso, non si impone, lascia che la sua opera parli da sola e parli ad ognuno: grande forza dell'arte di Berlingeri è che chi la guarda può interpretare le sue opere rispetto al momento in cui le vede, anche a distanza di anni. Può signifcare il riporre le vele dopo un viaggio in mare, il piegarsi su se stessi o lo spiegarsi al prossimo, può rappresentare un cambiamento, una svolta o una chiusura, il ripiegare qualcosa per renderlo estraneo a sé o per racchiudere o conservare un sentimento, un momento o uno stato d'animo.

Alice Pezzali