You can be hero (not just for one day)
in occasione della mostra “SUPERLODOLA” alla galleria ART&CO di Parma, Dicembre 2018.
“Pensavo che quello che ho fatto non fosse poi così importante. Ci sono persone che costruiscono ponti e conducono ricerche mediche, mentre io raccontavo storie di personaggi inventati che compiono gesta folli e straordinarie, indossando dei costumi. Ma suppongo di aver capito che l’intrattenimento non si può ignorare facilmente.”
(Stan Lee)
In una recente intervista Stan Lee definiva le proprie creazioni “intrattenimento”: tantissimi negli ultimi giorni sono stati gli articoli e le pubblicazioni che ne celebrano il genio. Quello che Lee e tanti altri artisti con lui hanno creato è in realtà molto più di una semplice storia raccontata attraverso il fumetto o le successive trasposizioni cinematografiche. Chi racconta storie crea universi paralleli al nostro, reali e tangibili tanto quanto un edificio costuito da architetto, un ponte o una strada. È un tipo di realtà ovviamente diversa e con una differente funzione, ma altrettanto concreta per chi riesce a immergersi nei suoi valori e nelle sue dinamiche. Spiderman è reale tanto quanto l'attore che lo interpreta, anzi vivrà sicuramente per più tempo: anche se muore, un supereroe rimane immortale, se creato e raccontato dalla penna giusta. Come provare emozioni attraverso le relazioni ci distingue dagli animali così la letteratura e l'arte ci distinguono dalle macchine, raccontare storie fantastiche e veicolare messaggi imprescindibili attraverso i personaggi è impresa ardua e difficile, che riesce a quei pochi artisti che insieme all'estro e alla fantasia, oltre al talento, riescono a coniugare leggerezza e spontaneità di pensiero, piacevolezza e passione del racconto.
Per questo un artista come Marco Lodola non poteva che essere il portavoce attraverso le sue opere di un messaggio di tale portata. Il suo stile leggero ma tutt'altro che semplice si adatta infatti perfettamente a celebrare le figure dei Supereroi. Le sculture che animano la nostra mostra svelano infatti il lato Pop dei Supereroi, la loro anima leggera e spontanea, li avvicinano a noi.
Da Wonder Woman a Hulk, da Batman a Spiderman, i supereroi invitano Lodola nel loro mondo, affidando ad ogni scultura una storia da raccontare e dall'altra parte la sua stessa arte viene proiettata in un percorso espositivo che vuole parallelamente celebrarne l'estro e l'immenso talento.
Il messaggio più importante che vogliamo lasciare con questa mostra, è che ognuno di noi è un eroe, e non solo per un giorno. Tantissimi sono gli studi in cui si mette in luce quanto i supereroi e i valori che portano siano legati stettamente al momento storico in cui vengono creati o che si trovano ad affrontare. Peter Parker dunque siamo noi, quando indossiamo la maschera di Spiderman e ci dice che ognuno ha il proprio super potere, diverso e unico.
Ognuno di noi è un eroe, non solo per un giorno.
(Alice Pezzali)
Si sa: un "post", un "neo", un "iper", un "meta", un "trans", un "super", un "pulp", oggi non si negano più a nessuno. Come una volta il sigaro toscano e la croce di cavaliere. Che cos'è la televisione? E’ post-televisione, rispondono i Pensatori di oggi. Che cos'è l'erotismo? È neo-erotismo. Che cos'è la letteratura? È meta-letteratura, Che cos'è la realtà? È iperrealtà,Che cos'è una banana? Semplice: una trans-banana. E via così, coi prefissi che attaccano tutto ma non significano niente. Allora, l'arte contemporanea è un mirabolante niente? "Oh, che il Niente sia troppo!", auspicava Baltasar Gracian, prevedendo forse il divenire universale di Internet. Voi non amate il Niente? È un vostro problema di arte-riosclerosi.,, l'arte contemporanea, si sa, non è un'entità concreta, afferrabile: il suo territorio non è definito da un significato che ne fissa i confini, ha una sua complessa friabilità che ne sfuma i contorni. E allora, in un mondo dove niente è vero e tutto è verosimile, bisogna trattare il male con il male, la virtù con il virtuale, la bellezza con la monnezza, con un sospiro di leggerezza. È quello che fa Marco Lodola. Il suo "marchio di riconoscimento" è rappresentato dalla plastica. Questa anonima e ributtante sostanza organica ad alto peso molecolare, misero sottoprodotto del petrolio, robaccia per meno abbienti amanti del cattivo gusto, e il "corpo" artistico di Lodola. Con la sua presenza fredda e distaccata - materiale così flessibile e leggero da divenire quasi "immateriale" la plastica cancella ogni profondità psicologica e le opere dell'artista diventano la celebrazione della superficie... Non a caso la plastica garantisce la riproduzione di tutto (dall'orologino Swatch in su), ma anche la celebrazione dell'oggetto, Ma la situazione è ormai invertita; ora è l'oggetto che da la caccia al soggetto; è la copia che scaccia l'originale; è la riproduzione del fatto che prevale sul fatto. Un'inversione dei ruoli, quindi: la materia e il fine, l'uomo il mezzo. Nelle opere dell'artista c'è l'uomo-sagoma, regresso allo stadio infantile di figurina, che diventa ombra di se stesso, produzione di ciò che produce, oggetto fatto in serie, In definitiva l'individuo ripetuto in uomo-massa, in uomo moltiplicato, portato dal sistema in una condizione di esistenza plastificata. Alla carne, opacizzata dal logorio della vita moderna, subentra il perspex smaltato, al neon, la cui liscia e trasparente materialità comporta non più angoscia esistenziale ma il raggiungimento di una stato di indifferenza che diventa l'ottica attraversa cui Lodola guarda il mondo…
(Roberto D'Agostino)
Marco Lodola ha fallito la sua missione nella vita. Prima di nascere si era prefisso di diventare un grande musicista, con tanti ragazzi che avrebbero vibrato sulle onde della sua musica. Invece si deve accontentare di essere un artista che ha creato solo un suo stile unico. Oh, ci ha provato a salire su palcoscenici per esibirsi. Mi è toccato di ospitarlo anche a Help, come "gruppo emergente"?!? Me lo aveva raccomandato Omar Pedrini dei Timoria: "È straordinario!" - Chi, Lodola come musicista? "No, il fatto che un grande artista si metta in gioco!" Per fortuna, Lodola a Help ci è venuto poi come artista. E anche al Roxy Bar. Nella scenografia ci sono tre sue opere, bellissime in tutti i loro colori luminosi. Ho sempre amato mescolare la musica ad altre forme artistiche.Tutto iniziò con Jovanotti, che dipinse una tromba da vendere per raccogliere un po' di soldini da mandare a bambini africani in un collegio di Galeata, Realizzammo quasi sei milioni. Da allora ho chiesto a tanti cantanti e musicisti di dipingere: Marina Rei, Max Gazzè, Edoardo Bennato, Ivan Cattaneo, Paola Turci, Andy, Elisa, Skunk Anansie, Reggae National Tickets, Alisha's Attic e Omar Pedrini. Quest'ultimo, però, non sa dipingere e allora mi ha portato Marco Lodola, la sua estensione nel mondo dell'arte. Senza rendersi conto di essere diventato lui la proiezione di Marco nel mondo del rock. Lodola realizza le copertine dei dischi dei Timoria o le scenografie per gli 883 perchè crede veramente di lavorare per il proprio disco o per il tour che sta per iniziare. Qualcuno dovrebbe fargli capire che deve continuare in quello che è diventato il suo cammino e lasciar perdere sogni di gloria rock. Ma forse è meglio lasciarlo dentro questa grande illusione che lo spinge a fare opere che hanno le luci e i colori del rock…
(Red Ronnie)
…Prendete un bambino sensibile, shekeratelo per tre mesi poi fatelo crescere di colpo e lasciatelo riposare a lungo. Adesso tiratelo senza romperlo fino a un metro e ottanta per circa settantacinque chili. Infilategli un paio di boxer fantasia, un maglione comprato su Internet in ricordo di quelli che sua madre gli ordinava su Postal Market, mettetegli un piumone nero fino a terra, un cappello da rapper nero di lana nera calato su una montatura da vista, nera, stile Elvis Costello e fatelo camminare ìn una città molto fredda e nebbiosa. Portatelo al cinema a vedere Buster Keaton, Fred Astaire e John Belushi. Leggetegli topolino e "I viaggi di Gulliver", Gregory Corso e Scott Fitzgerald, Dategli talento e paure, lampi e sonnolenza. Brizzolategli i capelli, dategli un camice nero, due ragazzi di bottega e rinchiudetelo in uno studio-ex fabbrica-loft di 600 metri quadri truccato da parco giochi dai 6 ai 14 anni, (vedi "cité des enfants" - museo delle Villette - Parigi): biliardino, soldatini, batteria, palestra da camera, tappeti, divanoletto, poltrone, televisione, chitarre elettriche, punching ball, cocacola, bar con superalcolici (solo per gli amici e per le amiche non accompagnate), tavoli, fogli, matite, pennelli, colori acrilici, plexiglas, luci al neon e prese di corrente. Dategli il blu oltremare e il rosa shocking. Dategli raptus erotici, musica, ballerine e lasciatelo in pace. A questo punto dategli una bella moglie giovane e sensuale, dotata di cervello e senso dell'umorismo, una figlia identica a lui non ancora shekerata e un cagnolino di famiglia nobile che lui chiamerà Blu. Dategli opere, pubblico, critici e cataloghi. Dategli il successo e dategli i limiti. Dategli mostre oltreoceano e paura di volare. Dategli un Tavor. Tenetegli la mano. Dategli molti amici e alcuni fratelli. Fatelo salire su un palco da concerto ma non lasciatelo cantare. Fategli recitare una poesia e apritegli tutte le vocali. Camminate tra le sue opere accese come tra i boulevards di una città che ricordate senza esserci mai stati. Spegnetele se volete capire la differenza tra "on" and " off", "in" and "out" (che poi è sempre e comunque Yin e Yang). Dormite tranquillamente, nel suo parco-giochi, ma portatevi molte coperte perchè il telecomando del riscaldamento è capriccioso è indomabile come un artista. E finalmente dategli un nome, un nome semplice, musicale, quasi femminile: Marcolodola comincia dalle labbra e poi la lingua batte tre volte sui palato. Si, Marcolodola va bene. E adesso chiamatelo e andatelo a trovare ogni volta che ne avete voglia. Dove? A Lodolandia, naturalmente. Dove altro volete che viva un tipo così? …
(Giuseppe Cederna)
Per un incontro artistico ogni punta del mondo può andare bene. Può essere un caffè parigino - nella migliore tradizione delle avanguardie - o una bocciofila di paese: può essere la casa di un'amante comune, un ascensore, una casuale spallata per la strada, anche un insulto. Non c'è bisogno di-spazi particolari, di atmosfere rare. L’hazard, il destino, il karma, chiamatelo come volete, traccia le nostre righe e gli incroci più bizzarri. Per noi - per Marco Lodola e Marco Lodoli - il nome fu la piazza di ritrovo. Sono almeno due secoli, del resto, che il tema del doppio stimola e preoccupa la .mente umana. La nostra strangolata identità vacilla da parecchio, e non ci soddisfa più il teorema cartesiano; penso, è vero, ma qualcuno pensa insieme a me - sono, è vero, ma tutto e insieme a me. Sentimenti e riflessioni non ci garantiscono più d'essere un chiodo piantato solidamente in un punto preciso del tempo e dello spazio: sentiamo, riflettiamo, ma in un territorio allentato, in una sfera spesso caotica e talvolta miracolosamente armoniosa. "Qui giace un uomo il cui nome era scritto nell'acqua", si legge sulla tomba di Shelley, e nient'altro. Dunque neppure il nome ci identifica più di tanto, a meno che non vogliamo credere di essere davvero e soltanto quelle quattro righe sulla carta d'identità. Così è stato un motivo di gioia sapere che nel nord Italia lavorava un artista felice - felice quanto si può esserlo oggi - che in qualche modo misteriosamente mi corrispondeva e m'allargava. lo ho scritto pagine piuttosto amare, senz'altro sincere, ma forse incomplete nella loro ostinata desolazione.Sentivo di possedere anche l'allegria, ma non riuscivo a girare la medaglia, stavo fisso sullo stesso duro profilo. Poi ho incontrato Marco Lodola e qualcosa s'è sbloccato. In lui - in me, ovunque - ho visto la danza e il colore, la fiducia. Anche per questo è nato "I fannulloni" e la copertina di quel libretto brutto e malinconico è stato un dono meraviglioso di Marco Lodola. Quindi è uscita un'altra favola ("Crampi") e di nuovo in copertina c'è stata una bella immagine dipinta da Marco. E quest'anno la trilogia si completerà con "Grande circo invalido". La medaglia ruota veloce nell'aria: testa, croce, luce, ombra, non si sa, e un frullo sospeso, una girandola che non vuole fissarsi, che rinfresca.
(Marco Lodoli)
lo ho un cavallo a dondolo di Lodola. Lo ha regalato lui a mia figlia quando è nata, Un cavallo a dondolo pieno di neon e faccine colorate che se attacchi la spina si illumina tutto come l'insegna di un luna park. L'idea che la mia Teresina giochi con un'opera d'arte è strepitosa. Non so se mi spiego, anche io ho avuto una fortuna del genere da bambino, sono nato nel centro di Roma e giocavo a nascondino tra le colonne di Bernini a San Pietro e facevo piccole sculture invece che col pongo con la cera morbida dei candelieri della basilica. Il mio amico Marco Lodola concepisce e realizza giocattoloni costosi, che non servono a niente, ma che illuminano, e non è mica poco. Illuminano una stanza, una piazza, una via, la sala di un museo. Cosa dovrebbe fare un'opera d'arte se non illuminare? Lascio ai critici che hanno studiato di entrare nel dettaglio, mi piace sempre ascoltare quello che hanno da dire, ma il più delle volte purtroppo io dimentico presto e torno a giocare a nascondino inconsapevole di essere tra le colonne del Bernini. Si sa che quando si entra in una stanza con una grande opera d'arte questa fa luce, a volte così forte che fa sparire quello che c'è intorno, ed è proprio l'effetto che fa l'arte, fa luce, illumina gli spazi e riceve luce dagli occhi di chi la guarda. Lodola è in bilico tra l'arte e l'insegna di negozio tra il monumento e il giochino per neonati, il sonaglino per fare addormentare i pargoli e il faro per i vecchi marinai alla deriva. Ma poi scusatemi ma a me la parola arte mi fa uno strano effetto in bocca, come una cravatta stretta intorno ad un collo quasi come un cappio. È una di quelle parole che per dirla ci vuole la patente e io non ho neanche il foglio rosa. Diciamo che a me Lodola mi piace e spero che diventi il più grande artista del nuovo millennio, non tanto perchè in famiglia abbiamo un suo cavallo illuminato ma proprio perchè la sua è roba che abbellisce, che illumina, e che si abbina molto bene con le belle facce e con gli ambienti veri. Mi spiego. In un ambiente squallido una scultura di Lodola sembra l'insegna di qualcosa, un pezzo di modernariato, insomma siccome tende ad illuminare ciò che ha intorno ha il potere di evidenziare certe brutture mentre per esempio in un prato o in una bella piazza dalle proporzioni umane un pezzo di Lodola rende tutto ancora più sensato…
(Lorenzo Jovanotti)
…Lodola ha recuperato, o forse trovato per proprio conto il piacere di un citazionismo quasi involontario, non ostentato, senza nessun interesse ad apparire colto e superbo, in questo cosi diverso dal post-moderno alla Mendini al quale pure potrebbe assomigliare. Lodola pensa solo a far vedere, a illustrare, é quello il suo compito, sia che collabori con gli scrittori o con le grandi industrie, con i musicisti pop o con i pubblicitari. E quello che ci fa vedere più di frequente sono i miti dell'inconscio collettivo nell'era massmediatica, la musica, il cinema, senza idealizzarli, ma anzi trattandoli in modo divertito e divertente, basta che il tutto si dia sempre come un gioco. Alla fine quello che conta é il piacere dell'effetto, l'immediatezza della comunicazione, il gusto di un'immagine, di uno stile, di un oggetto subito riconoscibili nelle loro componenti fondamentali, come una sigla, un'icona, un "logo", senza altre inutili complicazioni. Sigle, icone, loghi che giungono ad abitare nell'inconscio e a convivere con quegli stessi miti dai quali provenivano, confondendosi con essi in un continuo meccanismo di specchi riflettenti. Galleggiare, stare in superficie senza essere superficiali, ecco il grande azzardo dell'arte di Lodola; perchè il piacere è qualcosa di rapido e di evanescente, esiste solo se non si va a scavare nelle nostre complicazioni, nelle nostre intricate psicologie, nelle nostre eterne insoddisfazioni. È questa anche la "popolarità" di Lodola, vocazione anti-intellettualistica a rivolgersi allo stesso pubblico a cui si rivolge il cinema, la televisione, la pubblicità, la musica delle rockstar, ad adeguare i tempi e i modi dell'arte a quelli della vita contemporanea. Le opere di Lodola si potrebbero vedere muovendosi in un'automobile lungo un tratto urbano, fuori dai finestrini, oppure lungo il percorso di una metropolitana: c'è da stare certi che qualcosa di loro rimarrebbe certamente nei nostri occhi e nella nostra mente. Di quanti altri artisti si potrebbe dire altrettanto?
(Vittorio Sgarbi)
L’aspetto che più colpisce nell'arte di Marco Lodola è il modo singolare con cui la luce, i colori, le forme delle sue opere richiamano l'esperienza quotidiana e le immagini che ci accompagnano ogni giorno nelle metropoli nelle quali viviamo.
Quella di Lodola è un'arte per tutti, che tutti sono in grado di comprendere e apprezzare, perché rappresenta la vita di tutti i giorni. I suoi personaggi senza volto, le sue macchie di colore e le sue figure senza dettagli, sono rappresentazioni simboliche, moderne eidos che alludono ai molteplici e diversificati aspetti della realtà che si impone nella sua immediatezza attraverso la semplicità delle forme stilizzate. E d'altra parte, l'idea è in ultima analisi - anche in senso etimologico - "forma, figura, modello", qualcosa di offerto alla vista, rappresentazione schematica e visibile. Le sculture di Lodola sono paragonabili ad idee quali forme intelligibili e visibili del reale, di una realtà che può essere percepita con gli occhi della mente, ma anche con la visione delle sue luci e dei suoi colori. Il mondo che viene rappresentato è un mondo attivo e allo stesso tempo pieno di gioia, dinamico, piacevole e festoso, fatto di luce e di spettacolo, di colore e di vivacità.
Gli angeli danzanti, i velocipedi ed i cavalli, gli acrobati, i ballerini e gli sportivi, grazie al perspex ed al colore acrilico usati dall'artista sono immagini e materiali di un mondo moderno, poliedrico, in continuo movimento. La luce che attraversa i colori, come nella pubblicità urbana delle metropoli moderne, come nelle insegne luminose dello spettacolo, accentua questi effetti ed accresce il richiamo per l'attenzione dello spettatore/osservatore. La lucentezza della composizione riempie di vivacità tutta l'opera, ne fa un punto di riferimento luminoso che squarcia l'oscurità, sconfigge l'angoscia, rappresenta la musica, lo spettacolo, l'arte del nostro quotidiano, il ritmo ed il colore della vita contemporanea.
A cavallo tra pop-art e rappresentazione pubblicitaria, tra cinema - che ha bisogno di luce per attraversare la trasparenza della pellicola - fumetto, tra le più recenti forme artistiche ispirate alle nuove tecnologie ed i neon di una metropoli dalla vita pulsante, l'opera di Lodola trasmette l'immagine di una realtà in movimento, un messaggio estetico di grande chiarezza, efficace perché di grande semplicità.
Un messaggio universale che proviene da un'arte non di élite, ma che rinvia all'esperienza di ciascuno di noi. Oggetti e tecniche di uso quotidiano, in un mondo fatto di spettacolo, di arte come veicolo di comunicazione, di messaggi estetici destinati al grande pubblico. Un'arte "sociale" quindi, che interpreta in modo vivace il nostro modo di vivere e ne rappresenta gli aspetti positivi: non il grigio dei fumi e del cemento; ma i colori e le luci del quotidiano.
(Umberto Vattani)