"Io non credo nella mia morte. Non credo nella morte in generale e ancora meno nella morte di Dalì. Io mi godo sconfinatamente ogni singolo istante della mia vita. Il mio trionfo sta nell’essere riuscito a non farmi schiacciare dalla contemporaneità e aver raggiunto l’immortalità.”
Salvador Dalì
Delineare appieno la figura, l'arte e la poetica artistica di Salvador Dalì è impresa difficile e difficoltosa, tanti sono i campi culturali, gli stimoli, le idee e le innovazioni di questo immenso artista del Novecento. Si può dire che Dalì ha fatto di se stesso un'opera d'arte vivente, era immerso letteralmente nella sua arte ed era lui stesso una sua creazione. A volte infatti la sua figura e la sua vita prevaricano le sue stesse opere e nell'immaginario collettivo si pensa subito ai suoi baffi, alle sue foto nelle vie di Parigi con un formichiere al guinzaglio o al Teatro-Museo Dalì di Figueres, inaugurato del 1974 e creato da lui su suo progetto a celebrazione di tutta la sua storia artistica, un monumento perenne ed immortale innalzato per sconfiggere l'oblio e la morte.
Dalì era infatti ossessionato dall'idea della morte fin da bambino, il fratello omonimo era deceduto nove mesi prima della sua nascita e per i suoi genitori lui era sempre stato l'altro Salvador, portandolo ad esasperare già da piccolissimo la propria personalità. In seguito gli attacchi nucleari del 1945, periodo in cui Dalì era in America a consacrare la sua carriera e per fuggire prima dalla guerra civile in Spagna e poi dalla II guerra mondiale, la paura della morte si riacuisce, tanto da spingerlo a fare ricerche per farsi ibernare dopo la morte in attesa che la scienza, evolvendosi, trovasse un metodo per ringiovanire le cellule e riportare in vita il genio di Dalì. In ogni intervista Dalì parla sempre di sè in terza persona, quasi il suo essere fosse qualcosa di talmente alto, puro ed intoccabile da non poter essere assimilato a nessun corpo vivente, nemmeno a lui stesso.
La modestia non è la mia specialità, dice.
Negli anni in giro per l'Europa ed in America Dalì è una celebrità, crea ritratti per tutta l'élite di Manhattan, si sposta dai salotti di New York agli Hamptons e a Monterey, dove ricerca instancabilmente i paesaggi della sua Spagna e di Port Lligat, dove farà ritorno nel 1948 dopo otto anni: dimentico la fierezza dei palazzi, torno nel mio regno, la mia caverna di Platone, voglio tornare a dipingere la mia mitologia con luoghi precisi visti in modo nuovo.
Senza dubbio anche la storia artistica di Dalì viene fortemente influenzata dalle tendenze pittoriche del suo tempo, ma l'immenso estro dell'artista rendono impossibile incanalarlo e legarlo ad un unica corrente. I Surrealisti, cui Dalì viene sempre associato, almeno nei libri di storia dell'arte, ritengono di dover liberare la mente dalla razionalità attraverso associazioni e metafore magiche e casuali, legate all'inconscio freudiano. Dalì a questo aggiunge il metodo paranoico-critico, ritenendo che la realtà non è mai come appare, quanto più la si osserva in profondità, tante più saranno le interpretazioni possibili, ogni immagine è suscettibile di diverse interpretazioni a seconda delle inclinazioni del mondo interiore di chi guarda. Dalì fa uno scatto in avanti rispetto al surrealismo in due sensi, dando da una parte un'immagine a ciò che per definizione ne è privo, come il mondo interiore, le logiche illogiche del sogno o la fisica. Dall'altro riprende e reinterpreta le opere classiche, senza mai snaturarle, ma ricreandole e riempiendole di significati immaginifici, incredibili e, ovviamente, surreali.
Dalì è un sublime e formidabile inventore e creatore di immagini, non solo attraverso la tela: tra gli altri collabora con Walt Disney nel cortometraggio Destino, sarà scenografo di Alfred Hitchcok, sarà regista lui stesso, fotografo, architetto, poeta, scrittore, intellettuale.
Dalì rende anche il suo amore con Gala, musa e compagna della sua intera esistenza, un'opera d'arte, oltre a dedicarle centinaia di opere, crea attorno a loro un ambiente totalmente immerso nella sua stessa ispirazione: la loro casa a Port Lligat, studio dell'artista, è completamente progettata secondo il suo estro. Le opere di Dalì portano spesso una doppia firma "Gala Dalì", gesto che rende la misura dell'influenza immensa, oltre che dell'amore, di Dalì per questa donna che gli rimane instancabilmente accanto tutta la vita, stimolandolo continuamente a livello intellettivo ed artistico, seguendo ed ispirando ogni suo progetto o follia.
Dalì trasporta il surreale delle sue opere in ogni aspetto della sua vita, dalle feste in cui serve rane vive o fa vestire Gala da unicorno, alle performance artistiche filmate e trasmesse in modo da arrivare a più persone possibili.
Dalì è infatti un abilissimo comunicatore, in un'intervista afferma: la TV il cinema, la stampa, il giornalismo siano il mezzo più moderno più importante di degrado e di "cretinizzazione" delle masse, ma adoro usarli perchè da un punto di vista pratico più persone seguono Dalì e visto che è così sarei un perfetto idiota se non li sfruttassi.
Dalì avrebbe di certo pensato la stessa cosa del nostro presente, dei nostri social network e dei nostri mezzi di comunicazione e li avrebbe abilmente utilizzati per favorire la diffusione del suo nome e del suo linguaggio artistico. Attraverso questa mostra ART&CO porta a Parma una parte significativa della memoria e del testamento artistico di Dalì, attraverso opere iconiche e celeberrime, quali l'orologio de la persistenza della memoria o la figura di Alice in wonderland di Lewis Carroll, rappresentata con una corda per saltare, tanto cara a Dalì proprio perchè strettamente legata al tema del sogno, dell'onirico e del surreale. Non manca un omaggio a Gala (Gala che guarda il Mar Mediterraneo che alla distanza di venti metri si trasforma nel ritratto di Abraham Lincoln) e al surrealismo stesso, con il Surrealism King, così come riferimenti alla mitologia classica o ai tarocchi.
30 years after the genius non sarà una mostra fine a se stessa, ma sarà l'inizio di una collaborazione con la fondazione The Dalì Universe, attraverso cui, anche in occasione di Parma 2020, ART&CO avrà il piacere di proporre l'inserimento di sculture monumentali di Dalì all'interno del contesto cittadino, con lo scopo preciso di valorizzare e diffondere l'incantevole bellezza della storia artistica di Salvador Dalì, proprio per continuare il lavoro di divulgazione e di valorizzazione della sua vita artistica e allo scopo di non lasciarla cadere nell'oblio che tanto Dalì temeva.
Alice Pezzali
Incontrarsi per trovarsi
Due strade si incrociarono, due anime si incontrarono e decisero di vivere il resto della vita in simbiosi, animate da un amore che ardeva come un fuoco sacro.
Salvador Dalì era in città per presentare il suo film “Un chien andalou”, realizzato insieme a Luis Buñuel. In quell’occasione gli venne presentato il poeta Paul Eluard, marito di Gala. Dalì invitò il gruppo a trascorrere l’estate nella sua casa di Cadaqués e, una volta incrociato lo sguardo di lei, ne rimase quasi folgorato.
Lasciato Eluard, Gala divenne, moglie, amante, madre e musa. Lui invece fu compagno devoto, amico e servo. 11 anni di differenza e quel ruolo di musa-madre-agente che ha reso celebre il loro rapporto.
Helena Diakonova, nota come Gala, era di origini russe. Lei non era bella. I tratti arcigni del suo volto erano mitigati da un fascino irresistibile, una specie di calamita per l’eccentrico artista. Colta, raffinata e sicura, portò Dalì a raggiungere una sorta di equilibrio mentale. Con lei accanto, si senti libero di esprimere la sua personalità e la sua vena artistica.
Al di là dell’enfasi mistica, Gala esercitava su Dalì un forte dominio e lui ne fu completamente sottomesso, definendola il suo sosia, il suo doppio, il suo gemello.
Lei guarì lui grazie alla potenza indomabile e insondabile del suo amore: la profondità di pensiero e la destrezza pratica di questo amore surclassarono i più ambiziosi metodi psicanalitici. Si sposarono e lei guarì i suoi sintomi isterici uno dopo l’altro come per magia. Dalì fu nuovamente padrone della sua risata, del suo sorriso, della sua mimica. Al centro del suo spirito crebbe una nuova forma di salute, fresca come un bocciolo di rosa.
Nel 1972 le regalò un castello a Púbol. «Ti regalo un castello, Gala. Accetto con la condizione che verrai a visitarmi al castello solo dopo un mio invito scritto. Accetto, visto che in teoria accetto tutto a condizione che vi siano condizioni. È il principio stesso dell'amor cortese.»
Dalì restaurò il palazzo per farne un luogo adeguato per il riposo e il rifugio della sua sposa. Dipinse gli interni dando al palazzo il suo personale tocco artistico e costruì nel giardino statue a forma di elefanti dalle zampe lunghissime e una fontana con la forma della testa di un pesce.
Gala morì nel 1982 e fu sepolta all'interno del palazzo. Dalì si trasferì a vivere nel castello che divenne anche il suo ultimo atelier.
Dopo la morte dell’amata, divenne per lui una sorta di prigione dorata, un luogo dove attendere la morte, intesa come unico modo per poterla raggiungere. E la morte inesorabile arrivò dopo una lunga depressione. Era il 1989.
Giulia Coricciati